Come uccidere i bulli

Con il suicidio in America, presso Cincinnati, di un bambino di otto anni che veniva dileggiato e picchiato dai bulli fino al deliquio, e’ traboccato il vaso che esorta alla solidarieta’ verso questa societa’ dissacrante e nichilista.

Il vuoto intimo che fomenta il bullismo e’ lo specchio della dovizia di degradati stimoli sociali e prodotti tecnologici che indirizzano i comportamenti sociali. Il malessere stratificato che idolatra il macismo anziche’ la conoscenza, la spiritualita’, la solidarieta’ e’ il portato di una lotta senza rimedio apparente verso la felicita’ e la serenita’: siccome i valori predicati dai media, dalla stessa scuola e dal mondo fallocratico inneggiano alla distruzione del nemico e del soggetto piu’ debole, e’ palese quanto vanno ridefiniti i messaggi dei media, dell’arte cinematografica e di quella informatica. Film cruenti, lotte e odio sociale in tutti i campi, esecrazione della debolezza e attrazione verso l’ignoranza e la forza fisica, rappresentano il sostrato del bullismo. Ne’ e’ concepibile un suicidio da parte di un minorenne-bambino di 8 anni- come avvenuto da poco in America- perche’ la societa’ enfatizza quel tipo di valori. Va ripensata la scala di valori e virtu’, a livello strutturato, al fine di scongiurare il bullismo a livello psichico. E la scuola deve incentivare anche con l’emarginazione e la violenza verso i bulli e o violenti, una psicologia e una spiritualita’ plasmate sulla solidarietà’ sociale e il sostegno verso la debolezza e la diversita’ fisica, mentale, culturale. A tal proposito dunque, censurare opere artistico-cinematografiche, videogiochi e libri di testo basati sull’eccessivo impiego di violenza e’ salvifico in attesa del ridimensionamento dell’utilizzo massiccio dei media e dei telefoni intelligenti.




Immigrati per Zalone: arte vera e politica infame

L’ultimo film di Zalone, campione assoluto di incassi nei primi giorni di tutta la storia del cinema italiano, non snatura affatto l’arte cimatografica e comica del personaggio di punta nel settore radiotelevisivo italiano, bensi’ esorta a riflettere durante la goduria della fruizione artistica: Tolo Tolo ricalca le tare politiche, economiche e sociali dell’Italia in piena fase di decrescita infelice, alternando l’ironia al sarcasmo, in un connubio di temi universali legati all’amore, all’amicizia, alla fratellanza ed alla paternita’. Zalone indossa i panni di un figlio precario dal punto di vista professionale, nonostante avesse oltre quarant’anni, e compie il percorso inverso rispetto alle carovane di immigrati che dall’Africa approdano sulle coste europee della Sicilia. Il regista ed attore si cimenta cosi’ in una prova artistica che amplia, approfondisce la sua creativita, scevra anche stavolta di sermoni di sorta, ma con uno sguardo attento e sdrammatizzante alla situazione africana, polveriera sempre spenta tra dolori atroci e desideri irrealizzati.

La maturita’ artistica ed umana del piu’ carismatico comico pugliese in Tolo Tolo si esprime intercettando il dramma della mancanza del padre rispetto al bambino coprotagonista, cui si presta Checco a svolgergli un magistrale ruolo di guida trasognante. Sono infatti propri i sogni disattesi del Checco imprenditore conformista a scontrarsi con la crisi italiana che portera’ alla bancarotta finanziaria dei suoi genitori, alla fuga verso un Africa prona agli investimenti europei.

Infine si riscontra una dovizia di incontri fra persone alla ricerca disperata di futuro, viaggi fatidici della speranza, prigionie devastanti in favore di una vita migliore; fino al tradimento dell’amico in una sorta di agone per la sopravvivenza che corrompe anche l’amico e l’africano.

Il viaggio nel deserto poi palesa una realta’ ben documentata ma poco sentita dalla maggioranza dei cittadini e dei loro governanti economici. Ma Zalone non cade mai nella invettiva ipocrita e drammatica siccome sfrutta la politica per il proprio tornaconto e di quello dei suoi vicini e confratelli ormai. Cosicche’ meglio di tante commedie, articoli, dibattiti politici Zalone rischiara le responsabilita’ economiche prima, politiche poi, della precarieta’ e poverta’ non solo italiane ed Africane, bensi’ mondiali: senza anatemi, invettive, fronde di sorta, Checco abbraccia tutto, illustra bene, denuncia, emoziona chiarifica e fornisce una linea da seguire per cercare di salvarsi, oggi, con la chiavi della politica in una cornice artistica.




Anonimato e terrore tecnologico del potere

Il fatto che i potentati finanziari attraverso la politica inducano lo sviluppo di certe tecnologie anziche’ di altre, e’ un fattore indice di immensa degenerazione dello stato carsico che regola il mondo. Oggi dietro le mosse finanziarie di alto calibro, operazioni milionarie o miliardarie, vige la norma dell’anonimato; cosicche’ non si conoscono nemmeno coloro che, sul piano legislativo, decidono di non incentivare ma anche di disincentivare una tecnologia rispetto ad altre.

Le tecnologie a risolvere i molteplici ed ingenti problemi mondiali sono gia’ disponibili ma c’e’ chi si oppone al loro impiego su larga scala, oppure chi lavora a detrimento di imprenditori che stanno finanziando o hanno realizzato, prodotti di immensa, salvifica utilita’ sociale. Dunque il sistema di risolvere definitivamente il nodo del sovrappopolamento globale o della fame nel mondo alla stregua dei carburanti e dell’energia a iosa in modo innocuo per l’ambiente, gia’ esiste. Il problema manageriale, a tal punto, tange il problema irrisolto di come rimuovere i manager corrotti e limitati, che remano contro l’affermazione di tecnologie davvero utili. A tal proposito bisognerebbe risalire ai comitati di potere finanziario e grand’industriali, che impongono dei manager corrotti, ricattabili, inetti dunque, in relazione al raggiungimento del miglioramento nazionale, che tuttavia sono manager ben dotati nel perseguire gli interessi dei loro “designatori”. Per far cio’ diventa ineludibile obbligare, dal punto di vista legislativo, la scomparsa dell’anonimato nella finanza, nei gruppi di potere, nelle grandi transazioni finanziarie, cosi’ come e’ opportuno svelare i nomi dei membri di ogni importante associazione massonica e similari…




Free state of Jones e il miglior cinema americano

Che la politica si faccia arte o viceversa poco importa allorche’ sappia veicolare il “sublime” in un messaggio emozionante e costruttivo. Non so interpretare questo encomiabile film datato, Free State of Jones, quale un’opera che sceveri nettamente la parte documentarista da quella meramente filmica, eppure sembra un ideale connubio di entrambe le cose e della modernita’: per modernita’ alludo alla equiparazione totale delle differenze almeno dal punto di vista sociale ma anche alla difficolta’ e perniciosita’ di lottare per il giusto, sia nel lavoro che nel sociale.

Matthew Mc Conaughey interpreta un valido ma giovane avvocato di provincia che, all’epoca del Ku Klux Kan, si prodiga per difendere il padre, divenuto omicida, di una giovanissima, carina e raffinata ragazzina negra che viene malamente stuprata e seviziata da due giovani bianchi, nullafacenti, alcolisti americani.

Dopo che il giudice pavido scagiona i responsabili, il padre di questa adolescente spara ed uccide entrambi, con il conseguente smacco alla giustizia americana e alla sua societa’ imperniata, prima come adesso, sulla supremazia razziale dei bianchi. Eppure l’atto, in quel nascituro stato di Saint Jones, e’ troppo ribelle ed antitetico alle imposizioni politiche e finanziarie che imprigionavano i lavoratori negri in condizioni di somma schiavitu’ ed inferiorita’ assoluta; cosi’ il protagonista bianco, avvenente, professionalmente eccezionale, si scaglia suo malgrado contro il vero sistema corrotto americano, che e’ ai gangli del lavoro, della giustizia, della società’, della politica e dell’economia. Minacce, attentati, sabotaggi e l’ingaggio del piu’ ammanigliato avvocato statunitense sono vani nell’arte del film, che tuttavia perseguitera’ perennemente, dal punto di vista politico, la nascita di un figlio meticcio avuto dall’avvocato visionario; bello l’incontro definitivo, ancora romantico, tra la famiglia dell’avvocato, dai molto espliciti tratti caucasici, e la famiglia del suo cliente negro, indigente, e esterefatto per aver visto sfatare il falso mito della differenza di classe, di censo e di razza, in favore di un’umanita’ imperniata sul bene comune e sulla solidarieta’ reciproca.




La strumentalizzazione del femminismo e i migliori film di Hollywood

Dustin Hoffman e Maryl Streep donano al cinema americano una sfumatura di arte somma che coinvolge anche il botteghino, sebbene esso ha incassato tanto negli anni settanta, gli anni che ospitarono l’opera di “Kramer contro Kramer”: si dipana cosi’, in maniera primordiale, pionieristica, il tema della parita’ fra i sessi, della vita coniugale, dell’affidamento filiale e della paternita’ coniugata col lavoro: il tenzone aspro tra due avvenenti sposi nasce allorche’ la madre del coprotagonista, con un senso di bovarismo dovuto alla mancanza di lavoro e dialogo col marito iperimpegnato, lascia il marito ed il figlio alla ricerca della sua autorealizzazione.

Un bambino in piena eta’ scolare, figlio dei Kramer, dal legame viscerale con la madre di cui denuncia la assenza verso il manager padre, molto disorganizzato ed inetto in quanto ad ottemperanza dei doveri genitoriali. Cosi’ gli obblighi di padre diventano inderogabili ma senza l’ausilio del datore di lavoro, che licenziera’ il Dustin Hoffman finalmente bravo e prodigo verso il benessere del bambino.

Senza effetti speciali Kramer contro Kramer si impose con la vittoria di vari premi Oscar nel periodo ormai abrogato dal grande cinema americano, con le sole eccellenze di scrittura del soggetto e della sceneggiatura. A dimostrazione della eccellenza artistica dell’America hollywoodiana un tempo esportatrice di idee positive ed utili, Kramer mostrera’ lo scontro cosi’ contemporaneo fra gli ex coniugi, nell’ambito dell’affidamento del figlio, ormai visceralmente legato al padre. Ed e’ mirabile scorgere la vittoria giuridica di una madre ormai affermata professionalmente ma che sa agire con onesta’ intellettuale, in favore della “donazione” del bambino verso le cure, la magione e l’amore del padre. Ecco il tema meravigliosamente dipinto in questo film, della deontologia prima del lavoro, con il padre Dustin Hoffman che per il bene del figlio interrompe la sua ascesa professionale in favore di una mansione meno prestigiosa ma piu’ flessibile.

I divorziati Kramer mostrano il volto umano, nobile e culturalmente elevato di un America oggi smarrita, che pur nella disumanita’ del lavoro massimizzante, predilige l’umanita’ del rapporto fra padri e figli, tra madri e padri in favore dei figli. Infine in quella America avanguardista nella lotta ai pregiudizi verso la supremazia della donna solo in quando donna, nella veste di madre, a detrimento degli uomini cattivi padri solo in quanto uomini, si scopre la castroneria equivoca del femminismo: il femminismo controproducente infatti, diviene tale allorche’ si fossilizza sui diritti salariali da acquisire, senza lasciare quelli di maternita’ a chi dimostra di essere in grado di svolgerli meglio…




La fine del modello Usa

In Iraq la deflagrazione sociale e politica contro gli americani e’ scoppiata irreversibilmente negli ultimi mesi, allorche’ le piazze sono ricolme fino allo scoppio, di attivisti frammisti a persone comuni che caldeggiano per una fuoriuscita degli americani dai loro territori.

Gli americani non possono disertare gli scenari bellici in cui tutt’ora operano affinche’ lo sfacelo di rinnegazione globale degli americani, non sbocchi in una emarginazione del capitalismo e del globalismo americani in generale, che per lo piu’ entropia e indigenza hanno causato negli ultimi decenni: oggi il mondo non e’ piu’ atlantico-centrico bensi’ pacifico-centrico,infatti ormai tutti i territori situati a levante e meridione dell’America e dell’Europa, sembrano rivestire un ruolo cruciale per il futuro economico, politico e culturale del mondo. L’Iraq, Iran, Cina, India, Corea, Vietnam, Russia, da un lato, e Brasile, Africa, Venezuela, Cile dall’altra, appartengono al blocco stabile del Levante euroamericano in evoluzione e crescita perenni, con una cultura antimperialista, pacifica, identitaria, cooperativa e saggia, antitetica al globalismo ed al capitalismo tradizionali. Il levante ed il sud del mondo dispongono del piu’ alto tasso di presenza giovanile, di rispetto per il prossimo ma anche indigenza, con due miliardi di persone morte per fame ogni anno. L’America con queste riottose proteste, attentati presso le sue sedi diplomatiche presenti in Iraq ed Iran ha dimostrato di aver definitivamente perso la possibilita’ di accattivarsi tali territori, tale neoombelico del mondo. E lo ha fatto a causa del suo veteropportunismo e neoimperialismo fondati sulla globalizzazione, sul capitalismo dominanti, solo se prostrati all’America, e siano basati sulla mentalita’ individualista scristianizzata e antisolidale che contraddistingue le elites euroamericane. A causa di queste inveterate tare l’America ha distrutto con le guerre i paesi a Levante e a sud del mondo ma senza dotarli di infrastrutture materiali ed immateriali atte a farli proliferare e rinascere nella prosperita’, pur di impronta americana. E cosi’ in seguito all’alienazione delle numerose, giovanissime ed indigenti masse popolari dei territori meridionali e levantini, l’America sta subendo uno smacco economico di matrice culturale che non ricucira’ mai piu’, se non dismette i panni di globalismo e spietato capitalismo a totale detrimento dei piu’ deboli e dei piu’ diversi.




Magna Grecia non Magna la Grecia

Magna Grecia non magna la Grecia

Canale Youtube Francesco Paolo Tondo; pagina Facebook Francesco Tondo; profilo Twitter Tondo Francesco; profilo Instagram tondofrancescopaolo.

Il problema di salute maggiore che attanaglia l’Europa e l’occidente, si ravvisa nella demolizione ideologica del proprio passato, oltre che in quella geografica, finanziaria politica ed industriale che ha nebulizzato anche fisicamente quel passato europeo, dapprima occidentale e ancor prima italiano che affonda le sue radici nella Grecia fulcro di cultura, democrazia, umanita’, e di conseguenza civilta’. E medesimo processo di decostruzione individuale spirituale lo ha affrontato l’Italia post-unitaria, in qualita’ di principale carnefice della Magna Grecia sintetizzata nel Regno di Napoli in seguito trasformatosi in maniera pluralistica in Regno delle due Sicilie.

Il patrimonio di deontologia, cultura, annessione senza distruzione del diverso, operato dalla Magna Grecia prima, dal Regno di Napoli poi, non e’ stato seguito ne’ dall’Italia riunificata tanto meno dall’Europa odierna. Ecco dunque tutti gli imperativi categorici capitalistici atei che attuano azioni corrosive dello spirito europeo basato sulla solidarieta’ reciproca dapprima tra individui, in seguito tra citta’ fino alle nazioni. Senza dimenticare l’importanza cardinale che all’epoca greca e perfino medievale ricopriva la democrazia dal punto di vista dei diritti fondamentali dei cittadini nel lavorare, essere sfamati e avere una vita dignitosa e religiosa. Nell’epoca odierna l’Italia replica lo svarione di non riconoscere il suo lato meridionale come parte fondamentale di se’, vitale ai fini di ogni tipo di sviluppo, e sopratutto madre della propria cultura e del proprio equilibrio dal punto di vista del benessere individuale. Stesso atto avviene nell’Europa che ha spoliato dalla Grecia, ogni ruolo vitale all’interno del continente di cui fa parte, oltre ad averne eliso ogni potere finanziario, politico, industriale e culturale.

Sul versante manageriale il misconoscimento della Grecia e del meridione italiano come aghi della bilancia ai fini dello sviluppo rispettivamente europeo e italiano e’ un errore marchiano che attiene sia allo sviluppo economico che al benessere individuale di due popoli, europeo ed italiano, in crisi d’identita’ permanente; allorche’ la democrazia appartiene alla retorica da circoli veteropolitici, Napoli ed il meridione italiano appartengono alla demagogia farsesca della palla al piede dello sviluppo e della limitatezza culturale in comportamenti bislacchi e antiquati, l’Europa e l’Italia saranno orbe delle loro anime, senza le quali si scaturisce sempre in conflitti fratricidi distruttivi o altamente limitanti…




Stile e personalita’ come guadagnarli

Stile e personalita’

Il successo  contraddistingue quella categoria di persone che possiede uno stile molto forte parimenti ad una eguale personalità: in questo mondo che continua a massificare il mercato nel sistema di globalizzazione ed omogeneità, non basta possedere un peculiare stile bensì associare ad esso una personalità accentuata, che preservi dai processi di omologazione sociale. E’ pertanto difficoltoso opporsi all’usanza adolescenziale degli orecchini per i maschi, così come del fumo, ossia il primo passepartout per il contiguo mondo della droga.

E’ difficile non confondere il successo, definito tale da gruppi di ragazzi che indicano, additano lo zimbello e pereseguitare, con il fallimento di chi invece si scaglia contro i deboli, facendolo in modo diretto o indiretto. La società è difficile da gestire, quella stessa società che spinge ad uniformarsi alla pratica degli “sballi” derivanti dall’ebbrezza delle ubriacature, dall’assunzione di stupefacenti, naturali o artificiali.  Risulta difficilissimo anche vestirsi in modo anticonformista rispetto al codice di abbigliamento del proprio ambiente di appartenenza. E’ pero’ anche vero che la personalità che richiede lo stile, è garanzia di serenità preventiva degli individui.

I nostri errori, anche quelli marchiani ergo perniciosi e dagli effetti cronici, derivano in larga misura da piccoli e grandi traumi che producono timori di esclusione sociale od inadeguatezza.

Il nostro successo o insuccesso, la nostra felicità od infelicità, sono scaturiti dalla capacità di gestire o evitare certi traumi e certi processi di esclusione o insuccesso sociale. Il modo per alleviare tali traumi e dolori post-traumatici, risiede nel dedicare una porzione temporale quotidiana, alla lettura. Lettura di opere creative e di quelle prettamente di “informazioni”: fare ciò perfino nelle età più “critiche”, aiuta a trovare e preservare nonchè corroborare la propria personalità: sarà quest’ultima, infine, a valorizzare il proprio stile; e a seconda della ricerca di qualità personale, nel proprio lavoro, la personalità e lo stile renderanno chiunque sereno, quindi felice, a prescindere.




Autobiografia di uno yogi

Paramhansa Yogananda

Questo testamento spirituale vedico, nonchè bibbia universale di matrice indiana, ha a che fare con l’arte soltanto dal punto di vista più ampio e nobile del termine. Forse infatti, “l’autobiografia di uno yogi” narra vicende vere intrattenendo ed illuminando il lettore, con una religiosità universale che diventa connubio fra i popoli, fra le religioni ed in particolare tra l’occidente e l’oriente del mondo. Quindi l’arte viene superata per così dire, da un’ attrazione sublime che vede nelle gesta degli yogi, la più grande emozione per l’uomo verso il bello dell’anima. Quell’anima divina insita nell’uomo, il quale diviene reincarnazione immortale fino al raggiungimento della perfezione mediante la purificazione del proprio carma.

Laddove tutto il mondo vivente è interconnesso, vi sono pochi esseri soprannaturali che praticano da secoli l’esercizio dello yoga, che è meditazione, fino al contatto con l’energia divina che espande i propri sensi fino all’ottavo di essi; la concentrazione e la forza di uno yogi riescono a fargli fare miracoli, qualora il proprio carma lo ritenesse predestinato, a resuscitare, a leggere le menti e preconizzare il futuro, a non mangiare, nè bere, nè dormire o fare deiezioni. E questo solo mediante l’intima connessione con l’ente creatore dell’universo che è fonte suprema di energia nonchè destinatario delle molteplici e variegate apposizioni con cui i popoli lo definiscono. Così Yogananda sente la vocazione fin da piccolo verso l’incontro con dio, mediante lo yoga e la frequentazione di una sorta di scuola monastica fondata dal proprio maestro, prescelto santo indiano che lo educherà per anni affinchè il giovane fuggito numerose volte dalla famiglia, possa perfezionarsi attraverso l’esercizio yogico. Il suo maestro Sri Yuckteswar è l’emblema della predestinazione divina che non si scontra con la “normalità” del padre di famiglia, che ricarica il proprio corpo fisico di energie spirituali senza dormire, che gestisce e manipola i fasci di energia cosmica per materializzare interventi divini, come il difendere le sue proprietà dagli speculatori capitalistici pur senza conoscere le leggi. Insomma Sri Yukteswar è un moderno Gesù Cristo, ambe due yogi che sanno redimere il mondo accorpandosi i suoi peccati con perniciosi processi di sofferenza quasi mortale da cui escono vincitori e in grado di depurare il mondo. E Yogananda invece, il giovane discepolo del Cristo indiano, ha acconsentito a far scrivere la propria integrale biografia da un suo discepolo americano, giacchè la predestinazione di questo ragazzo indiano di inizio novecento figlio di un impiegato delle ferrovie molto spiritualista ed una madre “ascetica”, consiste nell’esportare la dottrina dello yogi in America. Pur odiando l’occidente capitalista il nostro yogi capisce che oriente e occidente debbono unificarsi assimilando l’uno le virtù dell’altro al fine di un effettivo miglioramento mondiale. L’India patria antica della religione vedica nonchè unico o quasi stato mai entrato in guerra, ebbene quest’India non ha solo da diffondere la propria spiritualità pacifica bensì anche apprendere la capacità occidentale di creare reddito e sviluppo. Così Yogananda pur senza studiare ma solo affidandosi a dio e pregandolo, parla l’inglese al punto da diventare oratore stimatissimo, fondando scuole di yoga senza soldi in India e America, e incontrando i santi cattolici con le stimmate da cui capisce l’universalità della religione da cui proviene, nonchè la capacità dello spirito umano di diventare divinità mediante la preghiera impetrante. Anche Yogananda può sparire come il suo maestro Yuckteswar, e rivela il futuro del mondo svelatogli da quest’ultimo, proiettato tale futuro verso il superamento dell’era nucleare, in favore di quella della fisica quantistica e della telepatia fra uomini, sebbene tra svariati secoli.

Nella bibbia indiana moderna, ovvero la ambientazione di questo libro, il concetto di fruizione artistica si fonde con quello di religione universale, e pone i lettori dinanzi a nuovi punti di riferimento, rinate speranze e placido benessere, derivante dall’equilibrio yogico fra fonti di energie diverse.




Il guinness dei primati di Gaudi’

Diventa molto utile alla collettività, fuoriuscire dal “vaso” di autoreferenzialità in cui ci si sente più importanti, a proprio agio, nonchè meglio accolti. Ne vale della sopravvivenza agli attacchi esogeni così come del mantenimento dell’umiltà.

Antoni Gaudì è un artista di spessore e grandezza forse insuperate nella storia, oltre ad avere le stigma di santità proposte dal Vaticano. E sopratutto oltre ad essere asceta, il Gaudì, e’ un architetto, quindi non proprio un artista in senso stretto.

Nato nella metà del diciannovesimo secolo, Antoni Gaudì possiede un primato artistico consistente nella promozione di ben sette tra le sue creazioni, a patrimonio Unesco dell’umanità.

È stato un epigono forse del modernismo e del neogotico ma sopratutto un genio poliedrico, il Gaudì, che sintetizzava in un connubio perfetto le doti artistiche, scientifiche, architetturali e politiche, culminate nella edificazione della Sagrada Familia, cattedrale mastodontica e troppo ambiziosa, della facoltosa Barcellona. Tanto ambiziosa da non essere ancora terminata, nella cattedrale catalana si raffigura l’universalità artistica nella religione occidentale: questo succede mediante sculture, costruzioni, immagini, che si ispirano alle correnti artistiche più variegate ma anche più disparate sul piano territoriale; cosi’ il neogotico europeo si infrange con sculture di matrice araba, moresca, orientaleggiante simil Cina e India in un apoteosi di creatività e ricercatezza geometrica, nonchè di evolutissimi materiali da costruzione.

Gaudì pur laureandosi con forte ritardo, si imbattè durante un’ esposizione parigina, nel suo mecenate aristocratico, tanto raffinato, sensibile e liberale, quanto facoltoso ed anticonformista.

Fu con queste premesse che Gaudì diede libero sfogo al proprio genio disallineato con il manierismo artistico e quello dogmatico dell’università. La cripta della casa del suo mecenate ed altri lavori privati domestici, rappresentano infatti parte delle opere più rappresentative della qualità artistica dello spagnolo. Il quale si dedicò alla costruzione della cattedrale più importante di Spagna, ritirandosi dalla vita sociale e sposando uno stile di vita frugale ed ascetico, già sperimentato da giovane, allorchè a causa dei reumatismi i preti che lo crebbero lo curavano con cibi e bevante semplici, e pozioni alchemiche.

Gaudì era un grande scultore ed incisore, che si prodigò nella creazione di nuove tecniche di scultura ed incisioni, tra cui quella di iperbole elicoidale, dove si spezzava la tradizione architettonica fondata sulla geometria euclidea: lo spagnolo creava oggetti e costruzioni fluttuose, mai rigide, con forti richiami naturalistici e linee quasi neogotiche ma dinamiche nelle forme. Inoltre la luce, emblema di brio e bellezza divina, veniva massimizzata nelle case e chiese Gaudiane, anche con l’invenzione di materiali vitrei a diverse modulazioni cromatiche.

La cattedrale della Sagrada Familia non è stata completata dal Gaudì, a causa della inopinata sua morte dopo essere stato investito da un tram, e non riconosciuto per la sua similitudine totale ad un povero e trascuratissimo uomo.

Gaudì è sepolto all’interno della sua maggiore e più universale tra le “creature”, e va affermato quanto fosse stato l’unico, tra i maggiori esponenti moderni delle arti, ad aver accorpato con maestria e deontologia religiosa, tutte le diversità e le peculiarità della storia umana globale, in un’unica, mastodontica e sacra opera di culto e di pace…