Ponti del sud: questione pericolosa
Mauro Sasso del Verme sintetizza la questione dei ponti nel mondo correlandola con la situazione scoptica e controproducente del sud Italia.
“In tutto il mondo si costruiscono ponti per collegare gli uomini e le merci, per favorire lo sviluppo economico, culturale e ambientale. Per queste ragioni i ponti diventano per gli stati e le comunità l’obiettivo primario per superare le barriere naturali. Tuttavia c’è un paese, l’Italia, in cui questo discorso non vale. In Italia collegare la Sicilia al continente non è un obiettivo come del resto non è un obiettivo collegare le regioni del sud, anzi spesso l’obiettivo è proprio quello di mantenere il meridione “isolato” affinchè possa rimanere quello che è nei fatti: una colonia cuscinetto dell’economia centro nordica. Non si può spiegare altrimenti lo scandalo e la vergogna di una città come Matera, capitale Europea della Cultura 2019, che, ancora oggi nel 2022, non ha una stazione ferroviaria, costringendo 62.000 abitanti ad usufruire di trasporti fermi all’età preindustriale. E pensare che proprio al sud Italia è nata la prima ferrovia, ma questa è un’altra storia quando il sud era padrone dei suoi destini. Stesso discorso vale per la rete stradale, anche qui l’Italia ha il primato della disparità tra il nord e il sud. Ma quella del ponte di Messina è sicuramente l’emblema di come in Italia non si abbia una precisa volontà di sviluppo del paese nella sua interezza, ma si guarda solo ad una parte del paese e precisamente al centro nord dove si sperperano montagne di soldi per opere inutili, dannose e sbagliate come la BreBeMi in Lombardia, il Mose di Venezia o la diga del porto di Genova.
Eppure se c’è un posto nel mondo che ha più bisogno di strade, ma soprattutto di un ponte questo è il sud Italia. Il ponte sullo stretto di Messina rappresenterebbe una rivoluzione culturale, economica, sociale e politica molto probabilmente capace di risolvere la questione meridionale e dare slancio all’intera economia Europea unendo il corridoio Scandinavo – Mediterraneo. I fondi ci sono ed avremmo potuto utilizzare anche quelli del PNRR, ma niente, questo ponte non s’ha da fare. Lo stato non vuole il ponte e sembra che voglia in tutti i modi ostacolare il progresso infrastrutturale del meridione a discapito dell’intero paese e per tutelare misere rendite di posizione e l’egoismo dei poteri provinciali del settentrione. Intanto in Europa la Croazia inaugura il ponte di Pelješac finanziato all’80% con fondi Europei, quindi anche i nostri. Insomma i Siciliani non hanno il ponte, ma in compenso hanno pagato il ponte ai croati”.
Il Direttivo Nazionale M24A Equità Territoriale e’ ferreo nella richiesta di edificazione del ponte sullo Stretto che renderebbe l’Italia sede del principale porto mondiale, dando slancio all’economia siciliana, in gran parte avvinghiata alla mafia, che parzialmente la protegge, la impiega, la controlla.
Per onor di verita’ va affermato quanto il famigerato e malgestito Mose di Venezia non sia inutile in quanto il problema alta marea non e’ falso e destinato ad aumentare, ad onta e nocumento per Venezia. Ne’ le nuove tratte autostradali milanesi, alla stregua del treno iperveloce Hyperloop ed il porto di Genova, siano inutili. Per la verita’ ogni infrastruttura rappresenta un volano piccolo o grande, per l’economia locale ergo in parte, nazionale, tuttavia lasciare Matera senza una ferrovia veloce, binariamente alla Calabria e la Sicilia in quello stato, rappresenta un boicottaggio pubblico all’economia meridionale, per cui un masochismo economico nazionale davvero esiziale. Tanto piu’ che porti come Gioia Tauro o Napoli non sono valorizzati ed espansi a dovere, limitando l’accesso facilitato all’Italia intera, oltre che al sud, da parte di Africa, Asia Minore e paesi arabi, che rappresentano il prossimo bacino commerciale per le industrie. Senza omettere la stagnazione del Molise, orbato di aziende e popolazione, e Basilicata, scevra di infrastrutture, l’Italia dovrebbe rilanciare un piano di spesa pubblica a deficit di almeno mezzo secolo, senza vincoli esterni, per elidere il sottosviluppo del sud, che non eguagliera’ mai il nord, tuttavia a livello aggregato con quest’ultimo, puo’ riportare il Pil italico a doppia cifra.